Dall'agosto 1998 fino al febbraio 2008 ho prodotto e condotto un programma radio da una stazione locale Padovana, in cui trattavo di Jazz. Prevalentemente le produzioni proposte erano anni 40-60 (periodo "d'oro" del Jazz Americano prima ed Europeo poi) ma non per questo veniva trascurata (eccessivamente) la scena "contemporanea", a mio avviso però più sterile di quanto ascoltato nel passato. Per motivi di lavoro, ho dovuto abbandonare quella mia grande passione, ma voglio mantenerne traccia su questo sito con alcune delle playlist che ho scritto in quegli anni

L'utilità di questo spazio è duplice: da un lato "conservo memoria" delle trasmissioni particolarmente riuscite (non tutte verranno riportate in questa sede) e dall'altro le tracklist possono essere utilizzate da chiunque voglia investigare questo mondo (il Jazz), tanto amato e spesso altrettanto trascurato, con un minimo di "guida".
Fonte da cui traggo la maggiorparte delle informazioni sui Musicisti è Wikipedia su quel sito vi rimando per maggiori informazioni a riguardo.


La tracklist di oggi vuole focalizzare l’attenzione su due musicisti (l’uno sassofonista e l’altro trombettista) e compositori di grande statura: sto parlando di Henry Mobley (aka Hank Mobley ) e Kenny Dorham . Entrambi hanno “combattuto” al fianco del pianista Horace Silver nella prima incarnazione del quartetto “Jazz Messengers” (Mobley entrerà a far parte della formazione alla fine del 1954, quindi poco più di un anno prima della “scissione” dei Messengers”), poi divenuti il quintetto “Art Blakey and the Jazz Messengers” nel 1956.
Il primo disco che vi suggerisco è “Una Mas” (1963) contenente composizioni (nella sua versione originale) del solo Kenny Dorham. Questo disco fu inciso durante un periodo molto fruttuoso di registrazioni per la Blue Note iniziato nel 1961 nel quale Dorham regalerà ai suoi ascoltatori questo che è uno tra i suoi album più significativi al fianco di Joe Henderson (sax tenore), Herbie Hancock (piano), Butch Warren (contrabbasso), Tony Williams (batteria).
Proseguirei con l’album “Soul Station” (1960) di Hank Mobley. Dopo l’abbandono dei Messengers nel 1956 per poter continuare a seguire Horace Silver ed una pausa di un anno per problemi personali nel 1959, il musicista/compositore tornò sulla scena musicale unendosi per un breve periodo ai “nuovi” Messengers, per poi incidere questo che è considerato il suo lavoro migliore nonché nuovo trampolino che gli permetterà di lavorare ininterrottamente fino al 1972, anno in cui inizieranno seri problemi di salute. Tornando al nostro disco, le composizioni contenute sono in larga parte di Mobley eccezion fatta per due standards. I musicisti al suo fianco sono Wynton Kelly al piano, Paul Chambers al contrabbasso e il già citato Blakey alla batteria.
Proseguendo in questa “scaletta”, vi consiglierei di procurarvi anche “Tenor Conclave” (1956), disco che testimonia l’incontro fra grandi tenoristi (tra i quali Mobley) nonchè una interessante collaborazione fra il sopraccitato sassofonista, il contrabbassista Paul Chambers (spesso al fianco di Miles Davis), John Coltrane e Red Garland. Urgente a tal proposito, ricordare che Hank Mobley nel 1961 (dunque diversi anni dopo questa incisione e solo un anno dal suo ritorno in grande stile) fu chiamato a sostituire John Coltrane (che aveva iniziato la sua carriera da leader) nel quintetto di Miles Davis sebbene presto sostituito. Gli altri sassofonisti (in veste di tenoristi, per la precisione) coinvolti in questo splendido lavoro sono Al Cohn e Zoot Sims; alla batteria Art Taylor… Buon ascolto!


Preparatevi ad “ascoltare” una selezione di dischi capace di far incontrare i favori dei “cool-isti” quanto quella degli “avantgard-isti”. I musicisti attorno ai quali questa selezione è costruita sono Julian Cannonball Adderley, Miles Davis e Sam Rivers. Perché tutti hanno “sentito”, ma pochi hanno veramente “ascoltato” il (seppur di breve durata) lato avanguardistico del quintetto di Davis. Ma andiamo a cominciare. Il primo disco è “Cannonball & Coltrane” (originariamente intitolato “The Cannonball Adderley Quintet in Chicago”, anno di registrazione 1959), strepitoso lavoro in cui i due sassofonisti intrecciano i propri strumenti per dar vita a sei tracce che non devono mancare alla vostra collezione. Ad affiancarli Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb, ovvero il (di allora) Wynton Kelly trio. Vi consiglio in particolare la traccia di apertura (Limehouse Blues) e la reinterpretazione della bellissima Grand Central, brano di Coltrane. Proseguiamo con “Something Else” (1958), incisione che testimonia una sessione di registrazione in cui Miles Davis appare come parte del qui impegnato Quintetto di All-Stars, capitanato da Adderley. L’anno precedente Adderley aveva sostituito Coltrane nel Davis Quintet durante i cinque o sei mesi di assenza del tenorista per affiancare Thelonious Monk, consentendo di dare alla luce “Milestones” (nonché Kind of Blue, in sinergia con Coltrane); Davis gli “restituì il favore” comparendo in questo disco. Vi consiglio, in particolare, la favolosa “Love for Sale”. Passiamo dunque ad una sessione live di, francamente, non facile ascolto. Ostico può infatti apparire, in prima battuta, il feeling “free” che Sam Rivers dona alla propria musica (approccio non amato da Davis, tant’è che la collaborazione tra i due durò per pochi mesi). Un ascolto attento, però, vi consentirà di notare non poche assonanze con il jazz che molti musicisti amano suonare oggi, specialmente Europei. Il disco in questione è “Miles Davis in Tokio, Miles Davis Live in Concert”. Proseguiamo con l’ascolto di un paio di brani tratti da “The Complete Blue Note Sam Rivers Sessions”, raccolta di composizioni di e interpretate dal sassofonista.per la Blue Note tra il 1964 ed il 1967; oltre ad eccellenti collaborazioni, sono contenuti per intero i quattro album che Rivers incise come Leader per la Blue Note. Con questo disco si conclude la tracklist, sebbene vi consiglio di ascoltare la versione qui contenuta dello standard “What a difference a day made” e compararla con una tratta da un altro disco…


La tracklist che vado a proporvi gravita attorno a due musicisti accomunati non solo dal tipo di strumento utilizzato in queste incisioni (il sax baritono), ma anche dal successo che hanno riscontrato durante gli anni cinquanta. Sto parlando di Gerry Mulligan, il cui nome è facilmente riconducibile allo strumento di qui sopra vuoi per la mole di incisioni a suo nome, vuoi per l’essere stato (giovanissimo) compositore di alcuni dei brani che compaiono nel masterpiece “Birth of the Cool”, e Lars Gullin musicista e compositore Svedese poco noto ai più, ma di gran talento.
L’ascolto inizia con “Bweebida Bwobbida”, brano scritto da Mulligan e tratto da “Gerry Mulligan Quartet at Storyville”, disco inciso nel dicembre del 1956 con un quartetto che fu ideale continuazione della formula “Pianolees Quartet” ideata da Mulligan e Chet Bacher tra il ‘52 ed il ’53 (i musicisti che chiudevano il quartetto erano Bob Withlock al contrabbasso e Chico Hamilton alla batteria). I musicisti qui coinvolti sono Bob Brookmeyer (valve trombone), Bill Crow (contrabbasso) e Dave Bailey (batteria). Si prosegue con “Storyville Story, altro brano inciso da Mulligan per l’occasione.
Disco successivo è “Getz meets Mulligan in Hi-Fi” (1957), disco che testimonia una delle molteplici collaborazioni che il baritonista avrà negli anni “post 1953”. Il “Getz” del titolo è (naturalmente) Stan Getz, Sassofonista Americano, considerato uno dei più grandi tenor-sassofonisti della storia. Una curiosa particolarità di questo album è che i due musicisti, in tre degli otto brani presenti, decidono di scambiarsi gli strumenti… a voi il “compito” di individuare queste “perle”. I brani che vi propongo sono “Let’s Fall in Love” (aguzzate le orecchie!) e “A Ballad”, entrambi di Mulligan.. La sezione ritmica è di tutto rispetto: Lou Levi al piano, Ray Brown al contrabbasso e Stan Levey alla batteria. Le note del booklet che accompagna il cd riporta che questa sezione ritmica fu appositamente scelta da Stan Getz.
Passiamo ora ad un altro grande baritonista, il già citato Lars Gullin. Molto difficile è procurarsi dischi di questo musicista (le incisioni sono prevalentemente in mano ad una piccola etichetta svedese, la Dragon Records), ma se dovesse capitarvene uno tra le mani.. non esistate a comprarlo! Il disco/raccolta che contiene le tracce che ho selezionato è il volume uno chiamato “Lars Gullin with Chet Baker”. I brani scelti sono “Danny’s Dream” splendida tune di Gullin, probabilmente il suo brano più celebrato, e lo standard “I’ll Remember April” in cui fanno una apparizione gli splendidi vocalizzi di Catherina Valente nonché il pianoforte del giovanissimo Dick Twardzik.
La tracklist si chiude con un paio di brani (a voi la seclta) tratti da "Chet Backer Quartet Featuring Dick Twardzik” (1955) registrato a Parigi, pensate, nei tre giorni precedenti le incisioni comparse nel disco di Gullin. Il pianista verrà trovato morto per overdose il 21 Ottobre; aveva 24 anni


La tracklist che di seguito vi propongo è interessante per rappresentare link tra quattro artisti (non in tutte le combinazioni, a dire il vero) appartenenti ad "ere" ed "aree" musicali differrenti: Jaco Pastorius, Charles Mingus, Joni Mitchell e Miles Davis. I dischi da cui sono tratte le tracce sono "Jaco Pastorius", "Mingus", "Changes One", Changes Two" ed il raro "Miles! Miles! Miles! (registrazione per il solo mercato giapponese). La tracklist inizia con le atmosfere dilatate di "Continuum" per passare poi a "(used to be) a cha cha" entrambi tratti dal disco omonimo di Pastorius. La seconda traccia vede Wayne Shorter al flauto ed uno scatenato Herbie Hancock al pianoforte (tanto per citare due fra i tanti artisti che hanno contribuito a rendere storico questo disco di esordio). Si prosegue con il disco "Mingus", scritto a due mani da Charles Mingus e la Mitchell, anche se il contrabbassista non potè partecipare alla registrazione (il disco è datato 1979 e Mingus muore il 5 gennaio dello stesso anno). Vi chiederete: - ma allora, chi ha sostituito il più grande contrabbassista di tutti i tempi in quell'incisione?- Beh, la risposta non sarebbe poi così scontata se escludessimo che abbiamo aperto le danze con Jaco Pastorius, giunto alla sua seconda collaborazione con Joni Mitchell (il primo lavoro che li vede impegnati sullo stesso fronte è "Hejira, 1976). Da"Mingus" ho selezionato i brani "the dry cleaner from des moines" (brano abbastanza pop da non scontentare nessuno) e "the wolf that lives in Lindsey", curioso mix tra jazz, pop ed un tocco di sperimentazione. Si passa dunque a due dei più "traditional jazz-oriented" registrazioni di charles Mingus in fase di piena maturità (diciamo "post Pithecantropus Erectus") in cui fa la propria comparsa un eccezionale George Adams. E' proprio quest'ultimo la voce di "Devil Blues", brano che vi farà venire la voglia di riascoltarlo e riascoltarlo consecutivamente (io l'ho fatto sentire due volte di fila in radio... la stessa sere!). Il cerchio si chiude con l'ascolto di un brano inciso live su Miles! Miles! Miles!: sto parlando di "Jean-Pierre", suite di 11 minuti dotata di un jazz-fusion appeal, con un pizzico di prog davvero da ascoltare! (inoltre, la registrazione giapponese di cui sto parlando contiene la prima esecuzione di questo che rimmarrà un inedito per il mercato europeo fino all'uscita di "We want Miles"). Il tempo (tiranno) non mi ha permesso di concludere, a dover "storico", con un disco che evidenzi il Charles Mingus più in forma psico-fisica: Pithecantropus Erectus.

Tracklist:
-Continuum ("Jaco Pastorius", Jaco Pastorius)
-(used to be) a Cha Cha ("Jaco Pastorius", Jaco Pastorius)
-The dry cleaner from des moines ("Mingus", Joni Mitchell, Charles Mingus)
-The wolf that lives in Lindsey ("Mingus", Joni Mitchell, Charles Mingus)
-Duke Ellington's Sound of love ("Changes Two", Charles Mingus)
-Devil Blues ("Changes One", Charles Mingus)
-Jean-Pierre ("Miles! Miles! Miles!", Miles Davis)



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